Una battuta interpretata nel modo sbagliato. Una recensione negativa online. E in poche ore, ...
Un monologo satirico che finisce male. Una battuta interpretata nel modo sbagliato. E in poche ore, il mondo sembra crollare. È successo di recente a Jimmy Kimmel, uno dei volti più noti e consolidati della TV americana, messo “in pausa” dal suo stesso network dopo una tempesta di polemiche online, polarizzate con e contro di lui. Un evento che molti potrebbero liquidare come l’ennesima bizzarria dei palinsesti statunitensi, ma che in realtà è la spia di un fenomeno ben più profondo e vicino a noi di quanto pensiamo.
La verità è che la dinamica che ha messo in standby un personaggio come Kimmel non è diversa da quella che ha portato alla chiusura di un ristorante a Roccaraso. Nulla di più lontano, forse. Ma i meccanismi sono più simili di quanto sembri.
In quel caso, non c’era di mezzo un monologo, ma un video dai toni piccati della controversa tiktoker partenopea Rita De Crescenzo – già nota alle cronache per la vicenda dell’overtourism di Roccaraso – rimasta scontenta del servizio ricevuto dal ristoratore. Il risultato, però, è simile: una valanga di recensioni negative e un danno reputazionale ed economico tangibile, con annessa controversia legale e richiesta di risarcimento da parte dell’esercente abruzzese.
Questi due episodi, apparentemente distanti anni luce, ci dicono una cosa fondamentale: la “cancel culture”, o più concretamente la cultura del boicottaggio digitale, ha smesso di essere un problema solo di celebrità e grandi brand. Oggi è un rischio d’impresa che riguarda chiunque abbia una presenza online. Un bar, un hotel, un professionista, una piccola azienda artigiana.
Il meccanismo è tanto semplice quanto devastante. Un cliente scontento, un concorrente sleale o, come nel caso di Roccaraso, un influencer con un grande seguito, può innescare una campagna d’odio in pochi minuti.
La folla digitale non verifica le fonti e non conosce seconde possibilità; agisce come un’onda d’urto, spinta dall’indignazione del momento, e le recensioni negative si moltiplicano.
Questa dinamica genera un effetto paralizzante soprattutto sulle piccole imprese. La paura di incappare nell’influencer sbagliato può portare a un eccesso di cautela, a un’ansia costante che frena l’innovazione e la spontaneità. Si finisce per lavorare non più solo per soddisfare i propri clienti, ma per evitare di diventare il prossimo bersaglio del web.
Cosa ci Insegna tutto questo?
Il caso Kimmel ci mostra che nessuno, per quanto potente, è inattaccabile. Il caso di Roccaraso ci insegna che nessuno, per quanto piccolo, può considerarsi al sicuro.
Nell’economia di oggi, la reputazione online non è più un elemento accessorio del marketing, ma un asset strategico fondamentale, fragile e da proteggere con la massima attenzione. Ignorare le conversazioni che avvengono online sulla propria attività è come lasciare la porta del negozio spalancata di notte.
La sfida per ogni imprenditore, oggi, non è solo saper fare bene il proprio mestiere, ma anche saper gestire questo nuovo, imprevedibile e a volte ingiusto tribunale mediatico avvalendosi di professionisti della reputazione e del crisis management.
Comprendere queste dinamiche non è più un’opzione, è una necessità per sopravvivere e prosperare.