Il passaggio da Micro Impresa a Piccola Media Impresa

Qualunque tipologia d’impresa (commerciale, industriale, di servizi, rurale, che sia individuale, di persone ...


di Simona Petrozzi

Qualunque tipologia d’impresa (commerciale, industriale, di servizi, rurale, che sia individuale, di persone, o società di capitali) per esistere dev’essere gestita.

Il problema attuale per la proprietà delle PMI è principalmente quello di isolare la fase decisionale dalla fase operativa. Oggi nelle PMI il vertice è occupato dall’operatività ed il mantenimento delle condizioni raggiunte comporta una disattenzione costante nei riguardi dei cambiamenti esterni. L’esistenza di un flusso formale di pianificazione ha un’influenza vitale sulle modalità di attuazione delle strategie perché la pianificazione necessita di una suddivisione dei compiti e delle responsabilità, informa e rende condivisibili difficoltà ed obiettivi.

La gestione più semplice e quella che ritroviamo più spesso nel tessuto italiano è quella informale. Tale conduzione è sufficientemente efficace nelle micro e piccole imprese a carattere familiare, dove la proprietà ha un importante ruolo operativo:

-          Si basa sull’esperienza, sull’intuito e sui ricordi dell’imprenditore

-          Il processo decisionale è accentrato

-          Le disposizioni sono date verbalmente

-          Non esistono procedure e organigramma

-          La contabilità viene tenuta esclusivamente ai fini fiscali

Allorquando dovesse verificarsi una crescita dell’impresa, si rende necessario ampliare la struttura e delegare, anche solo in parte, il potere decisionale e la relativa responsabilità. Sulla scorta di ciò, occorre si evolva gradualmente il modo di gestire da informale ad organizzato per:

-          Definire responsabilità, funzioni e mansioni

-          Creare punti di riferimento a supporto del processo decisionale

-          Delegare, almeno in parte, la responsabilità delle decisioni

-          Instaurare procedure per la raccolta dei dati contabili e non

-          Avvalersi d’analisi e proiezioni dei dati storici

-          Stabilire obiettivi

-          Motivare le decisioni

-          Pianificare e controllare la gestione

Le PMI che avvertono la necessità di evolvere il proprio sistema di gestione, ma che ancora non hanno provveduto a farlo, dovrebbero adeguarsi, per affrontare un mercato che sta diventando sempre più competitivo a causa del processo di globalizzazione, “internettizzazione” e di new marketing in atto.

La considerazione vale anche, ed in particolare, per le aziende in procinto di affrontare gli inevitabili problemi che il cambio generazionale, vale a dire la trasmissione del know-how alla generazione più giovane, comporta.

La strategia, la formazione, la crescita del personale sono parte del patrimonio dell’impresa e ne accrescono il valore, al pari degli investimenti produttivi.

L’organizzazione è il primo step verso la pianificazione; senza pianificazione non esiste controllo di gestione: infatti, è impossibile rilevare discostamenti senza avere prima stabilito i termini di paragone.

Chi vive in azienda è coinvolto in una conduzione storica, lenta e difficile da evolvere se non si ricorre ad esperienze e competenze di nuovi manager o studi di consulenza aziendale.

Solo la perseveranza, la volontà e la convinzione di passare da una gestione intuitiva ed informale ad una mirata ed organizzata, consentiranno di portare a termine il progetto con successo.

Ritengo giusto chiarire che organizzare non significa burocratizzare: una buona organizzazione è flessibile e non pesa sulla struttura con aggravio di compiti, anzi, definisce funzioni, responsabilità e mansioni, ridistribuisce meglio il lavoro, sovente con risparmio di tempo.

Come tutti sappiamo, il fine d’ogni impresa è l’utile, i fattori che principalmente lo influenzano sono:

-          Il prezzo dei prodotti, determinato in buona sostanza dal mercato

-          Il costo dei prodotti, che si genera nell’impresa

-          Le spese di funzionamento, che dipendono dalla gestione

 

Organizzare, pianificare e controllare la gestione vale a dire:

-          Riuscire ad individuare il miglior prezzo accettato dal mercato

-          Attribuire il giusto costo ad ogni singolo prodotto

-          Ottimizzare i costi di produzione, migliorando l’efficienza ed evitando gli sprechi

-          Controllare le spese fisse e variabili di struttura

-          Migliorare il funzionamento della gestione

Questo, a tutto vantaggio della competitività e, in conseguenza, degli utili.

Una gestione aziendale organizzata e ben pianificata deve poter rispondere ai seguenti interrogativi:

-          Chi deve fare

-          Cosa deve fare

-          Come deve fare

-          Quando deve fare

In un’impresa a carattere familiare l’organigramma non è formalizzato, ma è intuito dai dipendenti, che hanno come unico riferimento l’imprenditore stesso, sul quale, generalmente, è accentrata l’intera responsabilità di gestione.

Trovo necessario chiarire che s’intende per:

-          “Funzione” una serie di responsabilità o compiti specifici assegnati o riconosciuti nell’ambito di una struttura o di un’organizzazione

-          “Mansione” ciascuno dei compiti esplicati nell’ambito della funzione.

Le principali funzioni sono: amministrazione, commerciale, tecnica, marketing, finanziaria, risorse umane, acquisti, nell’ambito delle quali gli addetti svolgeranno specifiche mansioni.

Quando l’organico assume maggiori dimensioni ed incomincia a delinearsi un’operatività distinta tra le aree aziendali, è bene formalizzare un organigramma gerarchico e funzionale, che riguardi tutti i dipendenti: dal vertice aziendale fino ai livelli impiegatizi ed agli, eventuali, operai.

Ritengo sia necessario creare il rispetto della gerarchia a tutti i livelli per evitare prevaricazioni, che sono motivo di conflittualità tra i dipendenti: ogni dipendente ha il diritto di sapere da chi dipende ed a chi deve riferire.

La definizione delle funzioni e quindi delle deleghe, stimola la professionalità e favorisce lo scambio d’informazioni nell’ambito dell’intera struttura.

L’azienda che decide di passare da gestione informale ed intuitiva ad organizzata e mirata, dovrebbe nominare un responsabile di progetto o un manager, che dovrà disporre dell’autorità e dei mezzi per studiare il progetto, attuarlo e renderlo operativo.

L’incarico richiede un impegno ed una professionalità forti ed a tempo pieno ed è generalmente svolto senza compromettere l’abituale attività.

Il tempo che si dovrà dedicare al progetto ed in quanto tempo potrà essere realizzato e reso operativo dipende da una serie di fattori: le dimensioni dell’impresa, la struttura, le procedure già in essere e la disponibilità dei dipendenti, ma soprattutto dei vertici Aziendali, ad accettare il cambiamento. A titolo puramente indicativo è possibile ipotizzare che un progetto di evoluzione da gestione familiare a manageriale si completi, al massimo, in qualche anno. Durante il primo anno, che sarà il più impegnativo, il responsabile del progetto (il manager) dovrà:

-          Studiare e definire il progetto

-          Adeguare i programmi informatici (laddove ce ne sia bisogno)

-          Stendere l’organigramma gerarchico e funzionale

-          Definire le procedure

-          Istruire il personale

-          Attuare le deleghe

-          Raccogliere ed analizzare i dati

-          Pianificare la gestione del successivo esercizio

Dal secondo anno e successivamente procederà a:

-          Verificare ed adeguare il progetto alle necessità Aziendali

-          Controllare la gestione

-          Rilevare gli scostamenti tra previsioni e consuntivi

 

Requisiti del manager del cambiamento

La figura manageriale, ancor di più nelle imprese a carattere famigliare è essenziale e riveste un ruolo fondamentale. Il manager dev’esser anche un po’ psicologo, capace di far comunicare tra loro le generazioni, soprattutto di far capire al “padre” quale tra i figli abbia le potenzialità per sostituirlo al volante dell’azienda, accompagnandolo nel processo di crescita.

Spesso capita che i figli occupino tutte o quasi le posizioni manageriali con conseguente poca qualità perché non selezionati ad hoc, come dovrebbe avvenire o, comunque, perché non hanno un’esperienza professionale rilevante per il ruolo che vestono. Proprio per questo diviene necessaria la presenza di un manager “esterno” che ne coordini le attività in modo oggettivo, e che sappia valutare, dirigere ed indirizzare senza i comuni coinvolgimenti emotivi, puntando al benessere dell’impresa.

 

Considerazioni finali: “Due figure fondamentali e complementari”:

-          Il manager/consulente deve conquistarsi la fiducia dell’imprenditore, oltre che con le competenze, con fatti ed i numeri, educandolo gradualmente alla nuova gestione, standogli accanto senza sostituirsi ad esso, ma essendo il suo primo interlocutore, con il quale condividere la mission aziendale e le strategie da attuare nell’organico. Insomma deve ragionare come un imprenditore senza esserlo.

-          L’imprenditore anzitutto deve abbandonare la cultura del “modello familiare”, dev’esser concretamente predisposto al cambiamento, dopodiché deve scegliere il proprio dirigente su misura: egli sarà la persona giusta, al momento giusto, nel posto giusto. Ritengo sia importante sottolineare che mentre l’imprenditore dà vita ed investe nella business idea perché gli torni più di quanto investito, il manager, è un leader ed è colui che gestisce e dirige l’azienda, favorendo, altresì, l’incremento della produzione, quindi dell’utile.

Pertanto anche l’imprenditore, per il bene dell’azienda, non provi a sostituirsi al manager, le due figure s’incastrano ma non s’intercambiano.